DSA: consapevolezza del ruolo genitoriale nella formazione del figlio
Quando lavoriamo nell’ambito dei disturbi specifici dell’apprendimento, si parla spesso di difficoltà scolastiche, delle caratteristiche degli studenti, dei loro punti di forza e di debolezza, degli insegnanti e di come questi si pongono rispetto al PDP etc.
Poca attenzione viene invece posta al ruolo dei genitori nella formazione di un ragazzo con DSA.
Secondo le neuroscienze i genitori hanno un ruolo decisivo e prezioso nell’azione formativa dei figli e quindi nell’evitare o nel determinare un insuccesso scolastico.
Quando si lavora con uno studente con DSA si parla spesso di metacognizione, riferendoci alla consapevolezza che l’allievo ha rispetto ai propri processi cognitivi coinvolti nell’apprendimento. Ma un genitore, invece, è consapevole dell’importanza del proprio ruolo e di quanto possa influenzare il successo scolastico del figlio? L’altra domanda alla quale proverò a rispondere è: cosa può e dovrebbe fare un genitore per favorire un clima favorevole affinché il proprio figlio sviluppi un atteggiamento attivo e propositivo verso la scuola o più in generale verso un percorso educativo?
Premettendo che i fattori che più influenzano il successo scolastico sono una buona autostima e delle competenze adeguate, partiamo dalla prima domanda.
Nel corso della mia esperienza di tutoring ho potuto osservare due profili genitoriali che ho classificato sulla base del grado di consapevolezza. La mia riflessione si concentra maggiormente sui genitori di ragazzi con DSA (ma non solo) e si fonda sulla relazione tra il grado di consapevolezza rispetto alla propria influenza nella formazione del figlio e le ripercussioni sull’autostima di quest’ultimo.
1) Il genitore “delegante”
Questa è, certamente, la figura che sortisce maggiori effetti negativi poiché è totalmente priva di consapevolezza rispetto all’importanza del proprio ruolo.
Vediamo chi è e cosa fa e/o non fa un genitore delegante.
-Come dice la parola stessa è, innanzitutto, chi attribuisce la causa delle difficoltà e le relative soluzioni di un problema, a fattori esclusivamente esterni.
-Considera la diagnosi di DSA solo come un punto di arrivo, una “soluzione”, un “almeno mi sono tolto un dubbio e so cos’ha”.
-E’ poco propenso a formarsi sul tema e non sempre ricorre a professionisti per chiedere consigli.
-Ne consegue che spesso non conosce realmente l’importanza di un PDP, i suoi contenuti e quanto sia importante per personalizzare la didattica affinché sia maggiormente accessibile.
-Tende a collaborare poco anche con la scuola, proprio perché pensa che anche per gli insegnanti basti seguire le indicazioni del PDP;
- Se intraprende un percorso psicologico, educativo e/o di tutoring crede che sia sufficiente affidare in toto la parte formativa del figlio all’ operatore, trascurando l’importanza di un proprio contributo.
-Un genitore poco consapevole come la figura appena delineata, spesso, guarda solamente la performance del figlio piuttosto che la qualità dei progressi. Mi spiego meglio: tende a guardare il voto finale in un compito o una verifica, trascurando i reali progressi qualitativi in termini di competenze. Ne consegue una mancata o inadeguata gratificazione nei confronti del figlio.
Bene. Quali sono le ripercussioni negative di tale atteggiamento?
Il primo aspetto a risentirne è proprio l’autostima del bambino.
Come sappiamo, in un ragazzo con DSA la consapevolezza dei propri punti di forza costituisce la condizione necessaria perché ci sia una buona autostima e, di conseguenza, una motivazione a continuare a migliorarsi. Il bambino in questione potrebbe sentirsi inadeguato e, con il passare del tempo, potrebbe essere demotivato verso lo studio.
2) Il genitore “super-apprensivo”
Il secondo profilo che ho identificato è quello del “genitore super-apprensivo”. Anche se questa figura si colloca all’estremo opposto rispetto alla precedente, anch’essa è priva di consapevolezza.
Generalmente chi rientra in questo modello partecipa attivamente nel processo educativo del figlio, ma non sempre in modo costruttivo, anzi. Spesso, il suo intervento somiglia a una vera e propria invasione degli spazi.
La premessa di base è che dialogando con questo tipo di figura, s’intuisce come spesso si senta “colpevole” per la situazione di difficoltà scolastica affrontata dal figlio. Questo lo porta a sostituirsi a esso per evitargli di commettere errori che possano complicare la situazione. Vediamo concretamente cosa fa un genitore super-apprensivo.
-Ha una conoscenza marginale sui DSA. Ufficialmente afferma di sapere che non siano malattie, ma nel profondo, probabilmente le considera tali e tende a essere eccessivamente apprensivo.
-Controlla sempre i compiti da fare e li riferisce al figlio piuttosto che guidarlo nell’organizzazione del lavoro pomeridiano.
-Prepara lo zaino per lui per evitare che dimentichi qualcosa e che, quindi, possa essere sgridato.
-Lo affianca nello svolgimento dei compiti, correggendo ogni errore in modo tutt’altro che costruttivo per i motivi si cui sopra.
Quali sono in questo caso le ripercussioni negative?
Il detto evergreen “sbagliando s'impara” non ha modo di esistere. Tutti i ragazzi hanno bisogno di sbagliare, cadere, sperimentare per imparare. Se l’errore viene sempre evitato il messaggio educativo che passa è : “Non preoccuparti, è tutto semplice”. Ma al primo errore il bambino vivrà la situazione come un vero e proprio fallimento e, anche in questo caso a risentirne è l’autostima.
Cosa dovrebbe fare, dunque, un genitore per dare il proprio contributo volto a influenzare positivamente la formazione del figlio?
1) Affidarsi a degli esperti per formarsi e informarsi.
Una corretta formazione rispetto alle caratteristiche del proprio figlio è il primo step imprescindibile per mettersi in moto e aiutarlo al meglio. Conoscere le sue caratteristiche cognitive e le loro ripercussioni nella vita di tutti i giorni aiuterà ad attribuire il giusto peso alla situazione.
- A chi richiedere informazioni?
E’ possibile rivolgersi a operatori esperti, possibilmente allo psicologo che ha fatto la diagnosi.
2) Contribuire a creare una rete di collaborazioni.
Perché un intervento educativo funzioni bene, è indispensabile un lavoro di coordinazione in cui genitori, insegnanti e professionisti collaborino per perseguire un fine comune: una didattica accessibile per lo studente.
Il secondo step, quindi, è allacciare un dialogo costruttivo con la scuola, discutere del PDP, mostrarsi consapevoli della situazione e, nello specifico, delle misure dispensative e degli strumenti compensativi da adottare.
3) Prevedere dei percorsi di sostegno quotidiano affidandosi a tutor qualificati.
La costruzione di un lavoro sinergico a vantaggio dello studente include anche l’inserimento di un tutor ovvero di figura qualificata che si occupi della didattica post-scolastica e aiuti il bambino a sviluppare competenze e un proprio metodo di studio.
4)Seguire alcuni accorgimenti nell’affiancamento domestico pomeridiano
Lasciare spazio perché il bambino faccia i compiti in autonomia non vuol dire abbandonarlo. Vuol dire piuttosto guidarlo in modo lucido perché anche lui maturi consapevolezza rispetto a ciò che fa.
Non pianificargli il pomeriggio ma svolgi un ruolo guida e poi di supervisione ponendo domande come: “ Allora, che compiti devi fare oggi?, “ Per quando devi fare questo compito?”. Su questo punto ci sarebbero molti aspetti che meriterebbero un approfondimento e che tratterò in separata sede.
5) Spazio agli errori
Sapete anche voi che “sbagliando s’impara”. E allora, non è un controsenso evitare che il bambino faccia degli errori?
Supervisionate i compiti, ma se vi accorgete di un errore lasciate che ci pensi l’insegnante a scuola a correggerlo. Saprà come fare. Se però proprio non sapete resistere alla tentazione potete provarci. Come? Facendo sempre delle osservazioni mirate che spingano il bambino ad autocorreggersi. Esempio:“ Osserva bene questo passaggio. Sei sicuro di aver fatto bene? Vuoi rivedere? “ Non fornite la soluzione ma fate in modo che la trovi da solo.
6) Non esiste un prontuario per seguire al meglio i bambini. Le uniche regole fisse sono l’uso del buon senso, la consapevolezza e la vostra formazione. Chiedere aiuto a un esperto vi aiuterà a conoscere bene il bambino e a personalizzare il vostro sostegno.