Cosa stanno provando gli studenti in questi giorni a casa da scuola
In mezzo a questo caos fatto di informazioni che ci bombardano sulla situazione sanitaria da una riorganizzazione lavorativa tutta digitale, non si può non trovare tempo per delle riflessioni.
Ormai i ragazzi sono a casa da scuola da due settimane, ma cosa staranno facendo? E come staranno?
Banalmente (e anche molto superficialmente) si pensa che i ragazzi, in questi giorni, siano felici di stare a casa.
Questo è solo ciò che danno a vedere o che voi vedete e forse anche io, in minima parte, pensavo.
Diciamoci la verità, qualche giorno senza doversi svegliare presto al mattino e senza vedere qualche prof antipatico, avrebbe fatto piacere a tutti (anche a me).
Indagando bene però, dietro a questo atteggiamento apparentemente superficiale c'è dell'altro. Sto raccogliendo pareri e sentimenti dei ragazzi che, da una settimana e più, vedo tramite schermo.
Ovviamente, rispetto alla situazione sanitaria, anche loro respirano la tensione che stiamo vivendo, chi più, chi meno.
Le sorprese più grandi, però, saltan fuori quando chiedi loro se siano contenti di stare a casa. Ebbene, perfino quello che definiremmo il "poltrone" di turno mi ha confessato di sentir la mancanza della scuola, dei compagni e dei suoi professori. Emerge un' immagine di studente dispiaciuto e a tratti annoiato da questa non routine. Non stare in classe non è forse poi così entusiasmante.
Ma allora, mi chiedo, perché noi non abbiamo mai colto queste sfumature? Spesso si guarda agli adolescenti solo come studenti da valutare, da tenere sotto tiro, aspettando che facciano un errore per ingabbiarli. Dentro a ognuno di loro c'è del buono che non si esprime necessariamente con i bei voti e dovremmo chiederci se non siamo noi, piuttosto, gli incapaci di turno a non saperlo cogliere.
D'altro canto, nei vari servizi televisivi vedo insegnanti spaesati senza i loro studenti, che si prodigano a fare in modo che il lavoro fatto non vada perso e cercano di ristabilire un collegamento con i loro ragazzi.
In tutto questo caos, io ci vedo collaborazione, solidarietà, voglia di andare avanti. Insomma un bel movimento. Mi arriva una ventata di speranza di rinnovata consapevolezza. Quella che ci porta a realizzare che dietro a banchi e cattedre rimaniamo esseri fragili, con delle emozioni che non sempre sappiamo gestire. Dovremmo affidarci maggiormente al dialogo. Troppo spesso viene sottovalutato, ma rimane l'unico ponte per non cadere nella banalità del giudizio.
Anna Costanzino.